Sono stati presentati oggi i dati del Rapporto Istat sull’hardcore in Italia 2015. La ricerca, che ha toccato tutte le principali città del Paese e che ha preso in esame dischi pubblicati, concerti, affluenza ed entrate economiche di locali, etichette e centri sociali, ha offerto un quadro completo dello stato di salute della scena nei 10 mesi dell’anno in corso e non mancherà di suscitare dibattiti nei prossimi giorni.
Nell’anno in corso sono stati pubblicati 672 dischi tra vinili, cd e cassette, e la media di copie vendute è stata 12, che sale a 85 se si contano le copie regalate ad amici e parenti.
In 10 mesi si sono svolti nel Paese 804 concerti con gruppi italiani e la media di partecipanti è stata di 26 persone, inclusi componenti delle band, fonici e organizzatori.
I gruppi attivi attualmente in Italia sono 3105, ma è stato impossibile fare una classifica dei generi più suonati perché in ogni locandina lo stesso gruppo sembra suonare un genere diverso, spesso antitetico. L’Istat ha provato a incrociare i generi scritti nelle locandine con interviste dei gruppi ma il risultato è risultato ancora più confusionario.
Le etichette attive sono risultate 93, ma se si considera quelle che hanno pubblicato più di un disco nel corso dell’anno il numero si riduce drasticamente a 4. Un dato interessante è che ogni etichetta ha ricevuto mediamente 4812 mail con proposte di coproduzione; di queste solo 19 hanno ricevuto una risposta, al 97% negativa.
L’incasso medio di un concerto hardcore italiano è stato di 67 euro. Il rimborso spese medio per i gruppi partecipanti da un’altra città è stato di 33 euro.
Infine un dato curioso: prendendo in esame i partecipanti a un campione di concerti è risultato che ognuno di essi ha pubblicato una media di 3,1 dischi nel 2015. In pratica, il numero di dischi pubblicati è oltre tre volte quello dei partecipanti medi ai concerti. Peccato però che questi dischi non li compri praticamente nessuno.