L’Italia scopre che a Colleferro non sono tutti simpatici bestemmiatori come i Plakkaggio

Fino a pochi giorni fa Colleferro, grosso centro a ridosso di Roma, era conosciuta per ben poche cose: una fiorente industria aerospaziale e i Plakkaggio Hardcore. Ci sarebbe anche il rugby, di cui proprio i Plakkaggio sono i maggiori ambasciatori, ma per il resto la città non aveva niente che l’avesse mai fatta salire agli onori delle cronache.
“Credevo che a Colleferro fossero tutti skinhead, blackmetallari e costruttori di razzi” racconta Samantha, giovane astronauta. “Pensavo fosse solo una città di innocui senza Dio” le fa eco don Matteo, parroco di Gubbio. “L’unico palestrato di Colleferro era il loro bassista” confessa Davide, personal trainer. “Ero convinto che Colleferro fosse la città della nonviolenza” assicura Jerry, fricchettone ultrasessantenne. “Non è quel posto dove la gente storpia le canzoni pop?” chiede Max, 50enne di Pavia. “Quando cantano porco Dio mi fanno sempre ridere” chiude Jorge Mario, anziano argentino da tempo residente nella Capitale.
Ora che Colleferro è diventata tristemente conosciuta per altro non resta che augurarsi un moto di orgoglio della città come anche di tanti luoghi di provincia che troppo spesso appaiono come l’habitat ideale allo sviluppo di un sottobosco fatto di prevaricazione, violenza ed arrivismo. Ce lo dimostrano anche i Plakkaggio che un’altra realtà è possibile e non deve passare per forza per il politicamente corretto.

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