Punk sovranista non vuole ospitare i gruppi in tour a casa propria

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Ospitare gruppi in tour per chi vive nel nostro mondo è l’equivalente delle corvée nel Medioevo feudale: un dovere al quale non ci si può sottrarre, senza alcun vantaggio ma soltanto oneri, spesso faticoso, che costringe a mettere i proprio impegni personali in stand by e per il quale spesso nessuno ringrazierà.
Non deve essere dello stesso parere Vittorio Orbanno, giovane punk di origini ungheresi molto geloso delle sue quattro mura, che all’ennesima richiesta di amici organizzatori di concerti di ospitare un gruppo bosniaco, ha rifiutato nuovamente additando come motivazione che nessuno obbliga la gente ad andare in tour, che gli stessi gruppi vengono in Italia solo per delinquere e togliere spazio ai gruppi italiani e che se proprio si vuole bisogna aiutarli nelle scene loro.
L’atteggiamento di Orbanno è già stato in passato stigmatizzato da buona parte della sua cerchia di conoscenze, che recentemente ha anche tenuto una riunione in uno squat per parlare della situazione e decidere su eventuali sanzioni, ma l’idea non è stata proficua vista l’opposizione di alcuni esponenti locali di estrazione vagamente rossobruna, che hanno difeso le scelte di Orbanno e ricordato che se i gruppi stranieri chiedono poco per suonare a rimetterci sono i gruppi italiani che quindi vengono rimborsati con ancora meno soldi. Sulle posizioni ancora più intransigenti Atreja Melloni, amica storica di Vittorio, generalmente ignorata da tutti.
A onor di cronaca c’è chi ricorda che Orbanno non sia stato sempre di queste idee: alcuni amici giurano che la sua laurea all’Università della Strada sia stata finanziata da un noto filantropo punk mondialista, anch’egli di origine ungherese, ma col tempo i rapporti tra i due si sarebbero incrinati fino a portare alla svolta sovranista di Orbanno ed alle sue teorie sul blocco totale dei concerti con gruppi stranieri ospiti.

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